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American Pastoral: dalla carta alla pellicola

“Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c’è un senso. E quando capita una cosa simile, la felicità non è più spontanea. È artificiale e, anche allora, comprata al prezzo di un ostinato estraniamento da se stessi e dalla propria storia."


Nel 1997, Philip Roth pubblica "Pastorale Americana", un romanzo che gli vale il premio Pulitzer l'anno successivo. L'opera racconta la vita del suo personaggio principale, Seymour Levov ("lo Svedese"), e in particolare come, nonostante le sue grandi doti personali e i suoi enormi sforzi, non riesca a evitare un disastro familiare.

locandina del film American Pastoral


Dalla carta...


"American Pastoral" è uno dei romanzi più celebri di Philip Roth, scrittore americano pluripremiato, che con questo capolavoro vince nel 1998 il premio Pulitzer per la narrativa.


Il dolore che trasuda dalle pagine di questo romanzo non è facilmente definibile a parole, è qualcosa che appartiene a un intreccio di primitività e costrutti sociali che sono nati prima di noi, prima del tempo in cui l'uomo si ergeva a uomo e la donna si ergeva a donna.


È il dolore della perdita della propria identità come esseri umani, a beneficio del ruolo che la società ci ha dato, volenti o nolenti. È la perdita di una generazione, è la perdita di un figlio.


Siamo nell'America degli anni '60, Nathan Zuckerman – alter ego di Roth stesso che ritroveremo in altri suoi romanzi come "La macchia umana" e "Ho sposato un comunista" interpretato nel film da David Strathairn – partecipa a una riunione di ex studenti del college.


In questa frivola occasione, Zuckerman scopre che Seymour Levov (chiamato da tutti The Swede, Lo Svedese, per il color biondo grano dei capelli e il blu profondo degli occhi), il ragazzo che tanto aveva invidiato da giovane, è morto e, con lui, anche le speranze dalla famiglia Levov.


In questo momento esatto entriamo nel mondo della Pastorale Americana: la storia di una famiglia medio-borghese che vive nella campagna del New Jersey, nella piccola e anonima cittadina di Newark.


Lo Svedese, uomo dalle mille capacità che morde la vita senza far male e riesce in ogni impresa, personifica il dono genetico (non richiesto!) di essere un uomo bellissimo, marito di una donna altrettanto bella e amorevole da fare paura. Lui, antropomorfizzazione moderna di Re Mida, trasforma in oro tutto ciò che sfiora.


Cosa può nascere, nell'America del dopo guerra, fiorente e rovente, da due creature che trasudano solo speranza e successo, in una cittadina dove tutto sembra non superare mai il confine della serenità e della speranza? È questa la domanda a cui noi, lettori, non siamo assolutamente preparati.

La risposta è tanto sconvolgente quanto lo scoppio della guerra del Vietnam, che si ritrova a essere lo sfondo di questo palcoscenico, dove gli attori si ergono a mere pedine del destino.


Cosa può nascere da due gameti perfetti, puri, saturi d'amore in un mondo che sembra non aver ancora dimenticato la guerra e si trova catapultato nei febbricitanti anni '60?

Ciò che nasce è qualcosa a cui la società, soprattutto di quegli anni, non è pronta. Una bambina che sembra non aver rispettato i dettami della natura, che fin dalla sua nascita spinge in direzione contraria a tutto ciò che i genitori sono. Il romanzo, più del film, non prova pietà nei suoi confronti.


Merry è una bambina amata in maniera spasmodica che sembra impregnarsi di tutto ciò che il mondo trasuda in termini di bruttezza, violenza e ribellione.

Fin da piccola, non riesce a esprimersi a causa della sua balbuzia. Questo la isola e la riempie di rabbia. Prova e mostra interesse sessuale nei confronti del padre e, crescendo, si allontana sempre di più dalla bellezza eterea dei genitori, fino a voler quasi infierire sul suo aspetto esteriore, diventando l'antitesi della madre, trasformandosi in una ragazza di una bruttezza ripugnante.


Gli anni passano, finchè Merry fa letteralmente esplodere la propria rabbia e odio nei confronti della società in cui è cresciuta: fa saltare in aria l'ufficio postale della cittadina di Newark.

Poi scappa e nessuno sa più nulla di lei. Resta solo cenere e dolore, domande senza risposta e una breccia aperta nella vita dei genitori che risulterà insanabile e che porterà entrambi sull'orlo della follia.


Lo Svedese, a differenza della moglie che divorata dal dolore, guarda avanti, a suo modo. Fino all'ultimo istante della propria vita, non fa che chiedersi quale sia il destino della figlia (che non sia lo stesso della società stessa?) e non si arrende, ha bisogno di trovare un senso al dolore, come se per forza dovesse esserci un disegno universale per comprendere e capire il dolore dell'uomo nel mondo. Ma non è così.


Merry riappare al padre mai redenta (come invece è nel film diretto da Ewan McGregor) e si porta con sé una vita fatta di povertà e solitudine, ma una vita da lei scelta: è forse questo il vero mistero del romanzo? La vita scelta è un destino imposto per noi o è libero arbitrio?


Il romanzo di Roth è un romanzo di sfregio sociale, di un'America fatta di campagne sperdute, lontane dal fetore e dalla corruzione della città, un'America Pastorale, per l'appunto, che però è gravida di dolore e sofferenza.

L'American Dream si scontra con l'American Pastoral e ne esce brutalmente sconfitto.


...alla pellicola


Il film, che nasce dal genio di Roth del 2016, è diretto da Ewan McGregor e ha come interpreti lo stesso regista, che sulla pellicola è Lo Svedese (e chi altro se no?), una bellissima Jenniffer Connelly che personifica la bellezza eterea della protagonista del romanzo.


Il film non riesce, tuttavia, a rappresentare con la stessa potenza il messaggio che è affidato al libro: la brutalità della narrazione su carta viene abbandonata e, purtroppo, viene depotenziato il senso di estrema impotenza che il libro lascia nel lettore.


Ahimè, trovo che la scivolata artistica sia in parte dovuta all'estrema dolcezza con cui il film viene diretto, alla rappresentazione di Merry (Dakota Fanning) che nulla ha a che vedere con la protagonista del romanzo di Roth: Merry nel film ha una redenzione e una delicatezza che non traspare nel romanzo.


McGregor pecca anche nel finale, lasciando un sapore zuccherino in bocca che viene lavato via dal sapore delle ultime pagine del romanzo di Roth.


Insomma, nel film c'è un'umanità estranea al romanzo che, almeno in questo caso, non gli rende giustizia a dovere.


***

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